lunedì 8 maggio 2017

Omaggio a Ivano Porpora

IL RIORDINA PAROLE

C’era un volta un Reame Vicinissimo di cui però non parleremo.
“Allora perché ce lo hai detto?” mi chiederete voi, perché serviva per dire che c’era una volta un Reame Lontanissimo Dal Reame Vicinissimo, ma lontanissimo, così lontanissimo che se ti trovavi nel Reame Vicinissimo e chiedevi:
“mi scusi mi potrebbe dire la strada per il Reame Lontanissimo Dal Reame Vicinissimo?” e quello ti rispondeva:
“di là!”
se ti giravi e andavi nella direzione opposta molto probabilmente saresti arrivato prima di quello che seguiva l’indicazione.
Comunque in questo Reame Lontanissimo Dal Reame Vicinissimo c’era un uomo bello, ma bello, ma così bello che per immaginarvelo dovreste figurarvi un uomo grosso, senza capelli e con la barba folta.
Come dite? Non vi sembra la descrizione di un uomo bello? In effetti potreste aver ragione, per essere veramente bello probabilmente dovreste immaginatevelo con lunghi dreads rossi, in questo modo non potrebbe che essere il più bello di tutti. Ma lui non li aveva, era pelato, barbuto e grosso. Si chiamava Ivano o meglio lui non si chiamava mai, tranne forse qualche volta in cui era particolarmente distratto e allora si auto chiamava per darsi una svegliata, normalmente erano gli altri a chiamarlo così.
Quest’uomo faceva un lavoro stranissimo, riordinava le parole. Esatto. Quando da bambino i suoi genitori gli avevano chiesto cosa volesse fare di lavoro lui rispose senza indugi:
“voglio riordinare le parole.”
“Come riordinare le parole?” chiese spazientito il padre “ma che lavoro stupido è mai questo. I lavori devono essere lavori seri. Puoi fare il Fattore, che comanda su tutti, l’Ortolano che ha sempre da mangiare o anche il Farmacista che almeno avrai sempre le pilloline blu per far felici le donne.”
La mamma invece piangeva senza sosta borbottando “che abbiamo sbagliato con questo figlio? Eppure l’altro fa l’avvocato.”
Ma non ci fu modo di convincerlo, aveva deciso, le parole erano messe nell’ordine sbagliato e lui le avrebbe riordinate.
Iniziò così fin da bambino a raccoglierle, perché prima di riordinarle devi averle altrimenti cosa riordini? Questo vale per tutto, provate voi a riordinare una biblioteca senza aver preso prima i libri o i film senza averli prima comprati (perché scaricarli era reato anche nel Reame Lontanissimo Dal Reame Vicinissimo) o… vabbè avete capito è inutile che vi faccia altri mille esempi sullo stesso concetto.
Insomma iniziò a raccoglierle. Le raccoglieva tutte, non solo quelle belle che volevano tutti, lui prendeva anche quelle brutte. Non faceva scelte, non si limitava a prendere, che ne so, le parole come “principessa” o “amore” o anche “sfigmomanometro” che seppur strana è una parola decisamente bella; no lui prendeva anche le altre come “cacca”, “puzza” e “primigi” oltre a tutta una serie di parole piuttosto comuni. Le prendeva e le metteva nel suo piccolo tascapane. La cosa strana è che anche la parola “tascapane” si trovava dentro al suo tascapane, che se ci pensate è davvero strana come cosa.
Comunque fosse passò anni e anni solo a raccoglierle senza far altro che metterle via. Ormai era diventato un po’ lo zimbello della capitale e ogni volta che entrava al Bar della piazza i vecchini che giocavano a carte si divertivano a prenderlo per il culo.
“Ivano prova a riordinarle. Un prendi mi caffè?” e tutti ridevano.
“Ivano anche queste. In po’ culo vai un.” E ancora a ridere più forte. Sì sa che nei bar di paese alcuni vecchini che giocano a carte sono un po’ stronzi.
Ma Ivano non si lasciava toccare da queste cose, apriva il suo tascapane e iniziava a metter dentro le parole “caffè”, “riordinarle” e anche “culo”. Poi chiudeva il borsino e se ne andava via.
Era già un uomo fatto, con la sua barba e la pelata… oddio in effetti già da quando aveva 15 anni aveva quell’aspetto, ma insomma ormai era grande e ancora non aveva riordinato nemmeno mezza parola.
Una sera rientrò in casa, prese il tascapane lo rovesciò completamente su un enorme tavolaccio di legno e guardando quella montagna di parole che aveva raccolto in anni esclamò:
“e ora iniziamo a riordinarle.”
Prese così a rovistare nel mucchio delle parole, le guardava, le soppesava e se gli piacevano le metteva ben in linea e attaccate su un pannello di buon legno, se invece non lo convincevano le accantonava da un lato. Però non ne buttava via nemmeno una “magari mi servirà tra un po’” e così la teneva in disparte e magari al momento giusto le riprendeva per allinearle a modino.
Andò avanti per giorni e giorni, le parole ben allineate ormai avevano riempito decine e decine di pannelli ma il mucchio da cui pescava non sembrava minimamente diminuito. La gente del paese continuava a prenderlo per il culo, con l’unica differenza che invece che attenderlo al Bar lo andavano a deridere direttamente a casa sua passandogli davanti alla finestra.
“Ivano le hai riordinate?” “me l’hai ordinato poi quel caffe?” “e in culo poi ci sei andato?” e giù le pazze risate.
Una mattina fuori dalla finestra Ivano sentì piangere. Si affacciò e chiese:
“chi è che piange?” un ragazzetto magro magro lo fissò.
“Sono io” era il figlio del Fattore.
“E perché piangi?” chiese Ivano.
“Perché sono innamorato ma lei nemmeno mi guarda perché non ho muscoli”. Ivano lo squadrò da capo a piedi, in effetti non aveva l’ombra di un muscolo nemmeno a disegnarglielo.
“Guarda che le donne non si conquistano con i muscoli ma con le poesie d’amore.”
“Ma io non conosco poesie d’amore” rispose il senzamuscoli.
“hmmm fammici pensare un attimo” Ivano si mise a rovistare nei pannelli di parole riordinate e dopo un po’ ne estrasse uno che sembrava proprio fare al caso suo. “Eccola, porta questa alla tua bella” e la diede al figlio del Fattore che dopo averla letta iniziò a piangere ancora più forte per quanto si era commosso per quella poesia. Il ragazzo diede un Bustarsizio di Fango, era la moneta del Reame Lontanissimo Dal Reame Vicinissimo, a Ivano e corse via dalla sua bella. Qualche ora dopo Ivano giurò di averlo visto insieme ad una ragazza che si abbracciavano e sbaciucchiavano passeggiando.
La sera stessa Ivano sentì bussare alla finestra, l’aprì e vide una mamma tutta preoccupata.
“Sei te Ivano il riordina parole?”
“Certo” rispose.
“Ho bisogno di te, ce l’hai una favola della buonanotte?”
“Una favola della buonanotte?”
“Esatto, mio figlio è malato e senza una buona favola non si addormenta proprio ma io non ne conosco.”
Ivano rovistò ancora tra i suoi pannelli e dopo un po’ ne tirò fuori una bellissima che parlava di draghi e di principesse da salvare. La mamma lo ringraziò e gli diede mezzo Bustarsizio di Fango.
La mattina Ivano sentì ancora bussare alla finestra, si affacciò e vide il figlio del Farmacista.
“Dimmi, che ti serve?” chiese Ivano.
“Ecco vedi, il mio babbo è sempre triste, pensa solo alle sue pilloline blu e non ride mai, non avresti una bella barzelletta o una storiella divertente da darmi?”
Ivano si mise a pensare, conoscendo il Farmacista aveva bisogno di una storiella divertente ma anche un po’ zozza. Ne aveva composta una proprio qualche giorno prima e c’erano la “cacca” il “puzzo” e diverse altre parole divertenti. La prese e la diede al ragazzo. Questi leggendola iniziò a sbellicarsi dalle risate e diede subito 2 Bustarsizi di Fango a Ivano.
Nel giro di poco la voce della bravura di Ivano, il riordina parole, si diffuse in tutto il Reame e venivano da Ovunque per comprare le sue parole riordinate. Ovunque era un paesino molto vicino alla capitale ma a volte venivano anche da più lontano. Nessuno lo prese più in giro per questo suo lavoro.
La morale in questa storia è banale, ma talmente banale che non servirebbe nemmeno dirla, ma dato che magari ho scritto una serie di fesserie preferisco dirvela io per evitare che non abbiate capito nulla della mia storia.
Primo che una poesia d’amore vale più di una favola della buona notte, ma una storia divertente, per quanto zozza, vale sempre di più.
Secondo che ciascuno di noi ha tutte le parole che vuole a disposizione ma sono in pochi a saperle riordinare a modino e che quando incontri uno che lo sa fare è bene non prenderlo per il culo.

E terzo che alla fine la mamma preferirà sempre tuo fratello avvocato.

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