lunedì 19 dicembre 2016

Natale in casa Pitta

NATALE IN CASA PITTA

Ferragosto, inizio della scuola, halloween o ognissanti a seconda se volete essere più devoti a Dio o a Satana, l’8 dicembre che nessuno di preciso ha mai capito che festa sia ed è già Natale. Cazzo.
Un tempo per arrivare a Natale passavano dei mesi, era una lunga ed estenuante attesa per noi ragazzini che speravamo che l’omone con la barba ci giudicasse meritevoli di avere la pista della polistil. Ora è tutta una corsa frenetica, già dal 3 novembre nei supermercati fanno capolino i primi panettoni e pandori, il torrone arriva a metà novembre, il calendario dell’avvento il 20 novembre è esaurito ovunque.
Le palle, non quelle dell’albero ma quelle dei miei coglioni, intonano pezzi Michael Bublè. Eppure un tempo adoravo il Natale, le vacanze, i dolci, i parenti, i pranzi e persino la tombola, un tempo tutto era rivestito da una magia speciale, da una sensazione e un desiderio di bello, di buono e di speranza.
Crescendo tutto questo è sparito, non in tutti per carità, ci sono persone come mia sorella che probabilmente hanno delle apposite droghe natalizie che le rendono euforiche ed esaltate dal Natale, forse fumano il muschio del Presepe o sniffano lo zucchero a velo del pandoro, fatto sta che ne sono entusiaste. Io no.
Non so perché e davvero mi dispiace perché ricordo con affetto e nostalgia quella sensazione piacevole che provavo da bambino ed invidio profondamente le droghe di mia sorella, ma non ce la faccio il Natale mi sta sulle palle (sempre non quelle dell’albero), mi sento un fottuto Grinch. Forse perché inizia sempre prima, forse perché lavorando non si sente più quel distacco che c’era quando chiudevano le scuole, forse perché quel ciccione bastardo vestito di rosso adesso addebita tutti i regali sulla mia carta di credito e non su quella dei miei genitori come faceva quando ero piccolo. Cazzo quanto è brutto quando per risolvere un problema servirebbe un adulto ma quell’adulto sei te.
Per fortuna ad aiutarmi a superare tutto questo c’è la famiglia, o meglio “a famigghia”. Perché se in tutte le case il Natale parte con i preparativi dall’8 dicembre e con le mangiate dal 25 dicembre a pranzo con ben 15 invitati… da me no. Il menù lo fissiamo il secondo o il terzo fine di novembre in concomitanza con alcuni compleanni. Ci troviamo a casa dei miei ed un ristretto comitato di 20/25 persone inizia a discutere con la pacatezza e la calma di una riunione di condominio quando va rifatta la facciata.
Ovviamente non è possibile arrivare ad un accordo, il menù è un’accozzaglia di roba che non sta granché insieme perché i gusti sono diversi e l’effetto non è sgradevole ma straniante, come mettere il caviale sulla polenta con i rognoni. Per fortuna dei vol au vent di plastica immangiabili, che nessuno ha mai nominato e nessuno sa chi li ha portati, non mancano mai per la somma gioia di mio cognato.
Mangiamo in un pasto una quantità di cibo che sfamerebbe un villaggio africano, ogni anno ci diciamo che per l’anno prossimo staremo più attenti e che faremo meno roba, infatti l’anno successivo il villaggio lo sfamiamo con i soli avanzi. Ma tutto questo per fortuna non accade il 25 a pranzo, bensì il 24 a cena; questo capita non perché siamo di origini meridionali, ma proprio perché siamo terroni. Ovviamente non è festa e non è vigilia se non ci sono i parenti, non tuti sia chiaro, non ci entreremmo in una sola casa, per cui ci sono solo quelli “stretti” e che sono anche vicini geograficamente, è per questo che ci ritroviamo “solo” in 42 alla cena. QUARANTADUE e non è un numero detto a caso per sembrare grande, è proprio il numero effettivo, sempre se ho contato bene tutti i bimbi dato che ogni anno ne spunta almeno uno nuovo.
Se non erro l’anno scorso è stato il primo negli ultimi 15 anni in cui non ci fosse qualcuna incinta, era successo anche una volta tipo 5 anni fa ma l’anno dopo per vendetta si sono presentate incinta ben due cugine. Quando mia mamma prima della cena si è alzata per dire la preghiera per un attimo ho temuto che ci dicesse che era lei ad aspettare un figlio. Quando eravamo piccoli eravamo decisamente meno per cui bastavano 2 tavoli, uno dei grandi e l’altro dei piccoli, ora ne abbiamo bisogno di quattro, uno dei bambini, uno dei giovani, uno degli uomini ed uno delle donne… sì lo so detta così sembra una cosa decisamente imbarazzante ma in realtà… lo è.
Quando le persone guardano il film “il mio grosso grasso matrimonio greco” ridono per l’esagerazione di situazioni ed eventi, io piango perché mi sembra di rivedere il filmino del Natale precedente.
Comunque sia dopo venticinque portate e 30 bottiglie di vino bevute (25 da mio cugino e 5 da tutti gli altri) tutti sono distrutti e provati, la plastica dei vol au vent ci cola da ogni orifizio e tutti speriamo che questa giornata di passione giunga alla fine, ad un certo punto quello che è più provato di tutti si arrende, in genere sono io, si alza e urla:
“mi è sembrato di vedere una lucina” guardando verso una finestra.
È il segnale, 25 bambini dai 2 ai 27 anni si asserragliano in una camera nell’attesa che arrivi Babbo Natale, questo è il momento in cui sistemiamo la sala, portiamo i regali e asciughiamo le orecchie dal sangue per il sospirato silenzio, ogni anno questa parte della serata la facciamo durare di più, penso che entro due o tre anni la faremo arrivare alle 9:00 della mattina del giorno dopo. Comunque sia vengono riversati in sala i regali di tutti:
“eh quest’anno c’è crisi” motivo per cui i regali occupano solo settordici metri cubi al contrario dei millemila dell’anno prima.
Suona un campanello, i bimbi escono dalla camera e si riversano in sala, ne arrivano la metà, l’altra metà la recuperiamo nel corridoio spiattellata contro qualche mobile o spigolo, ed entrati guardano tutti quei regali con degli occhi lucidi ed emozionati, per loro la magia c’è ancora ed è quello il momento in cui anche io alla fine un po’ sento la gioia del Natale. Non dopo quando aprono i regali che magari sono contenti o magari no, ma in cui la felicità è già un po’ più scontata, è proprio quando entrano in sala il momento dove la magia c’è ancora.
Il Natale passa, c’è un po’ di malinconia per chi non è più con noi a festeggiarlo e soprattutto a me rimane un peso sul cuore, un peso per quell’unico regalo che ho sempre chiesto ad ogni Natale, ad ogni stella cadente, ad ogni candelina soffiata per tutti gli anni della mia vita, lo stesso regalo che presumo abbia sempre chiesto anche mia sorella, e che ormai è troppo tardi per riceverlo.

lunedì 21 novembre 2016

La Mia Africa cap 5

LA MIA AFRICA

Ci trasferimmo tutti al ristorante per la cena, le donne si erano cambiate tutte, ora indossavano meravigliosi abiti color oro che fanno risaltare le loro pelli d’ebano, gli uomini erano rimasti vestiti uguali, io con quello che avevo bevuto e sudato mi facevo schifo da solo.
Devono arrivare gli sposi che si sono fermati a fare delle foto, ci consegnano quei tubi con i coriandoli dentro che tirando la cordicina li sparano in alto. Complice l’alcool tutti vogliamo averli per usarli fino a che un nostro amico burundese ci dice
“si però aspettate, vado prima a chiedere il permesso ai militari qua fuori”
“come il permesso? Sono coriandoli, serve il permesso per lanciare i coriandoli?”
“no, per lanciare i coriandoli no, ma se lo scoppio viene interpretato come degli spari i militari potrebbero correre qua”
D’un tratto l’idea di militari che entrano correndo e sparando raffiche di mitra a casaccio falciando persone rende meno affascinante utilizzare quegli aggeggi spara coriandoli, decido così ti passare il mio a Marco che lo guarda come un ordigno sul punto di esplodere e lo passa ad un altro. Il nostro amico rientra
“va bene si possono usare, l’importante è fare piano”
Come fare piano? Io tiro una cordicella ed il resto lo fa da sé, non è una cosa controllata, non è che sto applaudendo e posso decidere l’intensità con cui batto le mani, una volta tirata la corda la forza del botto non è assolutamente determinata da me. Certo potrei poggiare il tubo per terra, sdraiarmici sopra e poi tirare la corda attutendo lo scoppio con il mio corpo, ma mi chiedo se a quel punto non sarebbe proprio meglio lasciar perdere la cosa.
Comunque sia entrarono gli sposi, qualche temerario spara lo stesso e con un penosissimo POF quasi inudibile 4 coriandoli di numero si posano tristemente a terra dopo una parabola di 5 centimetri scarsi, mi trovo a pregare che i militari entrino e sparino a chi li ha acquistati.
Ci sediamo ai tavoli per mangiare, la cena era a buffet, nonostante il capo che ancora gira mi preparo a scattare come un centometrista per lanciarmi sul buffet, arrivare dopo questi energumeni neri vuol dire non mangiare. Resto assolutamente sorpreso, il buffet qua non funzione come in Italia, i tavoli si alzano uno alla volta e vanno a servirsi per poi tornare a sedere, quando un tavolo si è riseduto si alza un altro tavolo. Si parte dagli sposi e i genitori, poi il tavolo dei parenti, poi quello dei testimoni e quello degli amici favorendo sempre prima le persone più vecchie. Mi viene in mente il matrimonio di mia sorella in cui alcuni parenti si erano praticamente lanciati sui tavoli portandosi via interi metri quadrati di cibo con vassoi, posate, tovaglie e anche un cameriere… mi trovo a riflettere su chi siano i veri “selvaggi”.
Tocca al mio tavolo, senza fila o ressa andiamo ordinatamente e prendiamo la nostra porzione tornando a sedere, cazzo l’ordine e l’educazione è possibile se si vuole. Per il mangiare servirebbe un intero capitolo apposito, ma non è ho un cazzo di voglia per cui scriverò qua un paio di cazzate. Il cibo in Burundi non ha mezze misure, non c’è del cibo che è abbastanza buono, no o è davvero molto buono o è veramente uno schifo. Il pesce del lago Tanganica come il mukele o il sangala è buono, il pollo o roba simile non esiste, le mucche… è pieno di mucche ma non credo le mangino, non ricordo di averla mai mangiata, ma ripeto che sono state 2 settimane ad alto tasso alcolico per cui potrei sbagliarmi, della manioca è commestibile sia la radice che le foglie, con le foglie si fa una specie di spinaci che a dispetto di come appaiono sono buoni la radice la trattano in modo che venga un bolo colloso, è una merda immangiabile, lo mastichi per ore senza riuscire a ingoiarlo, ci puoi fare le bolle. Penso che opportunamente modellato possa servire anche come pallina antistress, pallina da squash e preservativo. La frutta è strepitosa, le banane piccole del Burundi a vedersi non le daresti nemmeno alle scimmie, piccole e per niente invitanti, la mangi e sono meravigliose, dolcissime e gustose.
Comunque sia finito di mangiare e di ri-bere partono i balli, questa volta nessun ballo tradizionale per fortuna, non perché siano brutti, anzi, ma se devo ballare per altre 4 ore ininterrotte bevendo birra potrei morire. Parte quindi normale musica da discoteca, le persone anziane se ne vanno e restano solo i giovani. Tiriamo fino a tardi, ormai se ne sono andati tutti, restiamo io, Marco, gli sposi che ci dovevano riportare a casa e la parrucchiera della sposa. Ci sono dei lenti, la parrucchiera della sposa mi abbraccia per ballare… oddio mi abbraccia, è un metro e venti centimetri, pesa 100 chili e ha un’ottava di seno, più che abbracciarmi diciamo che ci prova ad abbracciarmi, io per educazione le agguanto con il braccio la testa e mi metto a danzare con lei.
Ad un certo punto mi giro e vedo Marco che balla con una ragazza carinissima, lo sto invidiando e lui lo capisce e si bulla della sua compagna, lei si avvicina a lui e gli parla nell’orecchio, lui sbianca e mi guarda
“che c’è Marco?”
“mi ha chiesto dei soldi per scoparla”
Non era un’invitata della festa era una prostituta che avendo visto un ragazzo bianco e ben vestito ha provato ad acchiapparlo, scoppiamo a ridere e lei se ne va dopo aver provato a richiedergli se pagava o meno.

Torniamo a casa, siamo tritati, non ho idea di che ora sia ma al solo pensiero che il giorno dopo dovremo replicare con i brindisi sono preoccupato, anche Marco lo è, non so chi dei due abbia bevuto di più, nel dubbio appena siamo nel nostro letto matrimoniale sotto la zanzariera gli ricordo che ormai la sua occasione di sesso l’ha buttata e di non pensare nemmeno di rifarsi con me. Non si sa mai, meglio mettere subito le cose in chiaro.

lunedì 14 novembre 2016

Democrazia Ponderata

DEMOCRAZIA PONDERATA

Winston Churchill diceva che “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora” facendoci così capire che per quanto la democrazia sia un forma di governo piena di difetti ed errori che generano molte storture rimane la miglior forma di governo tra tutte quelle sperimentate fino ad oggi.
Sono abbastanza d’accordo con questa frase, dico abbastanza perché in realtà tra le varie forme di governo mai esistite ce n’è una decisamente superiore che però richiede un requisito fondamentale. La miglior forma di governo sarebbe la monarchia assoluta in cui uno e uno solo comanda e decide tutto per tutti, il prerequisito fondamentale che fa sì che funzioni perfettamente è che il monarca assoluto sia io. Di fatto dato che questo prerequisito fondamentale è difficilmente applicabile viene spontaneo accettare la democrazia come forma di governo migliore al momento.
Questo però non significa che dobbiamo accontentarci, significa solo che non possiamo accettare vecchie forme di governo, nulla vieta però che si possa ricercare soluzioni innovative, originali e migliori. È quello che ho provato a fare e si chiama: democrazia ponderata.
Cosa è la democrazia ponderata? Non è altro che un sistema di ponderazione, di valutazione, che serve a sterilizzare il peggior difetto che il sistema democratico porta con sé. Non fate finta di non saperlo, tutti sappiamo quale è il peggior difetto, lo so io lo sapete voi. Pensate ai 2 o 3 amici, conoscenti, vicini che ognuno di noi ha. Quelle persone talmente ottuse, stupide e capre che ogni volta che parlate con loro vi cascano le braccia. Quelle persone talmente inutili che ad ogni parola che dicono vi domandate perché non chiedano scusa agli alberi per aver sprecato l’ossigeno che producono con tanta fatica per dire quelle colossali cazzate. Ecco quello che irrita tutti noi è sapere che in democrazia il loro voto valga quanto il nostro.
È inutile nascondersi, dire siamo tutti uguali, ognuno ha valore. Non è vero, bisogna prenderne atto ed avere il coraggio di dirlo, ci sono persone che non valgono un cazzo, che sono inutili e sapere che il loro voto valga quanto il nostro ci umilia profondamente.
Come fare allora? Come compensare questa evidente stortura che noi tutti avvertiamo a pelle? Perché sia chiaro che anche gli stupidi e inutili pensano di valere di più di altri e di meritare un voto più “pesante”.
Ecco la mia proposta: ad ogni cittadino viene riconosciuto comunque un voto, in pratica te cittadino maggiorenne che non capisci nulla, che voti solo perché ti piace la sensazione di stare chiuso in una cabina elettorale e quando voti con la croce sei convinto di star mettendo la firma su un modulo, te, in quanto essere respirante anche se non senziente hai comunque diritto a quel voto. Il solo fatto di essere maggiorenne e respirante ti rende idoneo a esprimere un voto.
Dopodiché tutta la popolazione italiana votante verrà “incasellata” e il proprio voto ponderato in maniera che non valga mai meno di 1 ma mai più di 2. Quindi che tu sia lo scemo del villaggio o Zichichi il tuo voto varrà sempre da 1 a 2. Come si fa quindi a calcolare se il voto di Mario Rossi vale 1,14 o 1,68? Io proporrei tutta una serie di aggiustamenti che aumentino o diminuiscano questo punteggio in base centesimale.
Ad esempio dopo le medie hai fatto ragioneria? 1 centesimo in più, il liceo scientifico? 2 centesimi, il classico? Niente perché se hai perso tutto quel tempo a studiare greco antico quando ormai esiste il moderno devi avere dei problemi. Ti sei laureato? 1 centesimo in più, in economia? 2 centesimi, in medicina? 3 centesimi, in fisica? Niente, hai evidentemente delle turbe. In lettere e filosofia? -2 centesimi ma puoi partecipare alle selezioni per entrare alle Poste.
E questo andrebbe ampliato poi per tutta una serie di fattori, che ne so hai capito cosa stai andando a votare? 1 centesimo in più, non conosci i congiuntivi? 1 centesimo in meno, credi agli oroscopi ai maghi e ai cartomanti? 10 centesimi in meno, oggettivamente se pensi che il sale non si stia più sciogliendo in un bicchiere perché hai il malocchio non ti può spettare un voto alto.
Poi ci si potrebbe sbizzarrire anche in tutta una serie di cose divertenti e più social, tipo condividi link di notizie evidentemente false su facebook perché non le verifichi? 1 centesimo meno, ti fai le foto sexy su instagram? +1, fai la boccuccia a cretina? -2, sei un sismologo dopo i terremoti, un esperto di economia dopo la Brexit, un politologo dopo le elezioni americane? -10 centesimi, ci hanno rotto il cazzo tutti questi esperti da tastiera, hai fatto un blog quando ormai non li fa più nessuno e continui a scriverci roba quando ormai è evidente che lo leggi quasi solo te? -50 centesimi.

Ovviamente il proprio punteggio individuale andrebbe tenuto nascosto per evitare che poi si cominci a pensare che il nostro 1,15 non dovrebbe valere come l’1,15 del vicino di prima, ma è anche vero che se le variabili fossero molte si potrebbe comunque pensare che il vicino compensi la sua evidente stupidità con altri fattori che a noi sono sfuggiti, inoltre dato che nessuno vuole sentirsi l’imbecille che non ha meriti in più per cui si trova con il voto pari a 1 andrebbe fatto in modo che alla fine anche i peggiori riescano a raggiungere un 1,10 in modo da lasciarli contenti, tutto senza farglielo sapere.

lunedì 31 ottobre 2016

I Trombini Perugina

I TROMBINI PERUGINA

“Un bacio è un apostrofo rosa tra le parole t'amo” “Amore non è guardarci l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione” sì va bene sono belle frasi, ma che palle. Sinceramente i Baci Perugina hanno un po’ stancato con le loro frasi alla melassa, ti sale la glicemia solo a leggere la frase già prima di mangiare il cioccolatino. Ovviamente anche alla Perugina si devono essere resi conto che la cosa si stava facendo noiosa e ripetitiva ed hanno provato a correre ai ripari con: “i biglietti più belli scritti da voi”…
Terrore e spavento.
Roba del tipo “mi basta guardarti negli occhi e iniziare a volare” o “il mio mondo è il sorriso sulle tue labbra…”. Ma davvero qualcuno trova queste frasi romantiche? Cioè se escludiamo i sedicenni in piena tempesta ormonale che per scopare imparerebbero a dire “sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa” al contrario e ruttando (che poi mi chiedo perché dovrebbero farlo), comunque escluso questi davvero qualcuno si sente smosso o ispirato al romanticismo da queste pochezze?
Ovviamente no, per questo Perugina ha abbandonato anche queste frasi e si è affidata ad un giovane poeta che sa parlare al cuore dei giovani: Fedez. Ci rendiamo conto? FEDEZ. Le frasi d’amore sono pezzi delle canzoni di Fedez, roba del tipo: “il silenzio fa rumore quando è il cuore a parlare” o “fuori è magnifico, sì ma tu un po’ di più”. Chiedere a Fedez di scrivere frasi d’amore sui Baci è come chiedere all’imbianchino di casa mia di restaurare la Cappella Sistina. Certo è anche bravo nel suo e nel bagno mi ha fatto uno spatolato che levati, ma sinceramente non ce lo vedo proprio.
No via la Perugina a mio avviso deve osare, deve cambiare rotta, deve provare a fare qualcosa veramente di rottura. Non le chiedo di cambiare prodotto o di stravolgerlo, ma di farne uno nuovo da affiancare ai tradizionali e un tantino noiosi Baci, che si rivolga a giovani coppie dinamiche che hanno conati di vomito a leggere le frasi di Fedez. La mia proposta è i “Trombini Perugina”. Come fare il cioccolatino dentro non mi interessa, questo son bravi da soli a farlo. L’innovazione che propongo è nella confezione.
In pratica dividiamo questi Trombini in due sottocategorie, gli “Zozzini” e i “Kamasutrini”.
I primi contengono le frasi tipiche dei giovani di ora, quelle con cui ci si offre o si chiede qualcosa all’altro sesso, cose del tipo “ora girati che si fa da dietro”, insomma che strizzi l’occhio a un nuovo romanticismo. Che poi la figata è che potrebbero essere differenziati da regione a regione con le varie inflessioni dialettali. Ciò consentirebbe di avere molte più frasi, di avere un pubblico destinatario ben definito e scatenerebbe i collezionisti a cercare le varie versioni.
Immaginatevi a Firenze un “mettiti a buco pillonzi” o ad Arezzo un “acoviti che ti inzoprello” o ancora nella patria per eccellenza della poesia contemporanea che è Livorno con frasi del tipo “te lo butto nel caapranzi di brutto”. Sarebbe un tripudio, un successo assicurato, si tratta solo di vincere magari quelle iniziali resistenze che tutte le grandi rivoluzioni devono travolgere.
I secondi invece sarebbero muti ma con disegni che suggeriscono le posizioni per un sano e divertente quarto d’ora di ginnastica a due… vabbeh facciamo 5 minuti sigaretta compresa. Comunque sia ho già pronta anche la pubblicità, provate ad immaginarvela, una giovane coppietta a letto che discute:
“allora che si fa?” chiede lei con sguardo sognante
“io sarei anche per trombare” si sa gli uomini non hanno particolarmente tatto in questi frangenti
“hmm proprio della gran poesia, sarei per candidarti al Nobel per la letteratura con Bob Dylan” risponde lei acida
“hai ragione scusami” nel dubbio lui sa che è sempre un bene scusarsi
Dopo circa 35 secondi di silenzio lui continua
“ma quindi non si tromba?”
“ecco, se anche avessi avuto voglia, ormai me l’hai fatta passare del tutto. Buona notte” lei si gira e si addormenta.
La sera dopo il copione si ripete ma questa volta lui ha seguito il consiglio di un suo amico più furbo per cui:
“allora che si fa?” dice lei con aria sempre sognante, ma decisamente meno del giorno prima
“non so” dice lui vago “ti andrebbe di provare un nuovo cioccolatino della Perugina?”
“la Perugina ha fatto dei nuovi cioccolatini?”
“sì certo, si chiamano Kamasutrini, sono squisiti”
“Kamasutrini? Ma è un nome delizioso. Cosa significa?”
“ah non ne ho proprio idea” dice lui sornione, dopo di ché prende un cioccolatino e lo porge a lei, lei lo apre, assaggia la cioccolata e vede che al posto di una terrificante frase di Fedez c’è un grazioso disegno di due che si ingroppano come se non ci fosse un domani. Sorride spenge la luce ed il resto possiamo immaginarlo da soli.
Insomma questa è la mia idea per una nuova serie di cioccolatini della Perugina, se pensano che l’idea sia valida e vogliono chiamarmi per svilupparla sono disponibile, per evitare però che mi freghino l’idea si sappia che “Trombini”, “Zozzini” e “Kamasutrini” sono nomi che ho già registrato.

Intanto mentre aspetto il contratto faraonico che mi proporranno “aperc arpac al acnap al ottos apnac arpac al acnap al arpos”, il rutto dovete immaginarvelo finché non imparo a mettere il sonoro.